Sfatiamo subito il mito secondo il quale “dallo psicologo va chi è malato o chi ha qualcosa che non va”. Si tratta di una credenza erronea e fortunatamente sulla via del tramonto.
Un’alternativa possibile, più felice e fondata, potrebbe essere questa: viene consultato uno psicologo quando una persona vive una condizione problematica, disfunzionale o conflittuale, con se stessa, con gli altri o con il mondo.
Il disagio personale può avere diverse origini, come ad esempio i differenti vissuti legati all’ansia, a stati dell’umore depressivi oppure a comportamenti fobici/evitanti. Ma è anche possibile che la sofferenza, invece che “sintomatica”, possa avere contorni più sfumati e indefiniti: è il caso di quelle particolari crisi identitarie che delle volte possono essere fortemente invalidanti anche nella vita di tutti i giorni. Disagi esistenziali che producono esperienze di smarrimento a partire dalla realtà quotidiana, spesso segnate da una frattura fra un “prima” e un “dopo” che rende precarie e incerte anche le scelte delle consuetudini giornaliere.
La richiesta di un incontro con uno specialista può dipendere anche dalla dimensione relazionale, per non dire il più delle volte. Un noto psicoterapeuta ha recentemente affermato che circa il 70% delle richieste ricevute riguardano questioni sentimentali, o che quantomeno hanno origine da tali aspetti. Possiamo infatti trovarci a dover fare i conti con le classiche problematiche di coppia (“classiche” ma giustamente uniche e irripetibili per chi le vive); situazioni spiacevoli e invalidanti che riguardano la sfera sessuale; questioni più estese e indifferenziate, come nel caso della difficoltà nei rapporti con gli altri individui o nella gestione armonica delle emozioni.
Ma non dimentichiamo che anche i contesti che abitiamo possono rivelarsi portatori di disagio. Uno dei casi più discussi è il cosiddetto “burn-out”, che può emergere fra gli operatori delle aziende sanitarie ma non solo. In generale, si riscontrano situazioni di stress cronico, che una persona sperimenta in relazione all’organizzazione di cui fa parte, alla comunità o ai gruppi che frequenta e per lei significativi; eventi stressanti che tendono a sfogarsi a livello corporeo, minando il benessere psicocorporeo in senso totale.
Fortunatamente oggi esistono alcuni modelli clinici che lo psicologo adatta alla storia e alla realtà della persona, per esempio il modello interattivo-relazionale di cui mi avvalgo e che continuo ad affinare. Questi modelli di intervento permettono il raggiungimento di obiettivi secondo criteri di maggiore efficienza (ovvero evitando che i tempi siano eccessivamente lunghi). Ciò è stato reso possibile da un panorama trasformato sotto il profilo di nuovi e più efficaci strumenti conoscitivi e operativi, ma anche rispetto alle cambiate esigenze dell’utenza. Penso, in primis, alle minori disponibilità economiche delle quali oggi è importante tenere conto.